Trauma psicologico

(e riabilitazione)

Vi sono molti modi di intendere il significato di trauma psicologico. Per quanto riguarda la psicotraumatologia, il concetto di trauma psicologico va inteso come “ferita dell’anima” (dove il termine “anima” (psiche) non viene usato in senso religioso ma etimologico, come analogo di “mente“).

Il trauma psicologico è dunque una ferita dell’anima che risiede (come ogni elemento psicologico che riguarda la nostra vita passata) nella nostra memoria.
Un trauma psicologico può anche essere definito come l’effetto di un evento traumatizzante sui nostri ricordi (e i ricordi comprendono anche tutto ciò che abbiamo imparato su di noi e sul mondo).

La galassia del trauma psicologico può essere divisa in due grandi categorie che, per facilità di comprensione, vengono chiamate trauma psicologico con la T maiuscola e trauma psicologico con la t minuscola.

Un trauma psicologico con la T maiuscola è il risultato di un evento singolo, ben riconoscibile e ben delineato nel tempo, che ha causato nel soggetto (o in una persona in cui il soggetto poteva identificarsi), l’esperienza di una minaccia vitale.
Esempi di trauma psicologico con la T maiuscola sono alcuni terremoti, certi incidenti d’auto, stupri, rapine, omicidi, disgrazie naturali, attentati, ecc.

Un trauma psicologico con la t minuscola è, al contrario, il risultato di una serie di eventi disturbanti ognuno dei quali, di per sé, non causa la percezione di una minaccia alla vita del soggetto.
L’insieme di questi eventi, tuttavia, il fatto che si ripetono per un lungo periodo di tempo, e il fatto che hanno luogo durante l’epoca dello sviluppo, causa un trauma psicologico che (nei casi migliori) influenza negativamente il concetto di sé dell’individuo, così come le sue aspettative sul funzionamento del mondo. Su questo si basano moltissimi casi di bassa autostima, di ansia inspiegabile, di paure irrazionali, di depressione e sfiducia nel futuro.
Nei casi peggiori, invece, il trauma psicologico con la t minuscola può impedire lo sviluppo di importanti funzioni mentali (funzioni metacognitive) la cui mancanza potrà essere fonte di gravissime difficoltà per il soggetto, sia nella vita di relazione, sia nella comprensione del mondo (senso di realtà).

Quando si parla di trauma psicologico, sono fondamentali i concetti di evento traumatizzante e di ricordo traumatico.
Un evento traumatico, infatti, spesso non è traumatico di per sé. Lo diventa in rapporto allo stato in cui si trova “in quel momento” la persona che lo vive: per un neonato, l’essere lasciato solo in macchina può essere assai traumatico e causare un trauma psicologico.
Un evento diventa traumatico, e dunque provoca un trauma psicologico, a seconda delle risorse che possiede la persona che lo vive, e delle condizioni in cui si trova al momento dell’evento.
Questo perché un trauma psicologico si forma quando un evento “potenzialmente” traumatico causa un’agitazione psichica (inglese: arousal) più forte delle capacità di far fronte che la persona possiede in quel preciso momento.
Quando, cioè, viene raggiunto un punto di rottura, che naturalmente varia a seconda delle risorse e delle condizioni specifiche del soggetto.

Quello che accade quando un evento ci conduce al punto di rottura, è che i nostri ricordi vengono registrati nella memoria in maniera diversa dal solito: si frammentano, si spezzettano e le parti dell’evento perdono il contatto l’una con l’altra, spesso diventando inaccessibili alla consapevolezza.
I “pezzi” dell’evento che ricordiamo, tuttavia, diventano nitidissimi, e questo riguarda anche la loro intensissima carica emotiva.
In psicotraumatologia, per esempio, si incontrano con una certa frequenza casi in cui, all’inizio della terapia, una persona che ha subito uno stupro ricorda unicamente il terribile scintillare del coltello con cui è stata minacciata. O l’atroce puzzo del violentatore. Oppure, casi in cui una persona investita da un’automobile ricorda unicamente l’improvviso e agghiacciante avvicinarsi dello stridio dei freni.

I ricordi di un evento che ha causato un trauma psicologico sono diversi dai ricordi normali anche perché vengono fisicamente registrati in un luogo diverso del cervello, l’amigdala, che è il nostro centro di allarme.
L’amigdala non possiede il senso della progressione del tempo perciò, quando il ricordo traumatico viene attivato (ossia richiamato alla mente da un qualche stimolo, spesso innocuo), il soggetto non si rende conto che si tratta di un ricordo lontano nel tempo, ed è portato a reagire, oggi, con la stessa emotività di allora.
Quando, poi, a essere attivati sono ricordi inaccessibili alla consapevolezza, l’intensa emotività è l’unica cosa di cui il soggetto si accorge, percependo solo di stare male, senza motivo apparente (per esempio in certi casi di attacchi di panico).
Nella sindrome psicologica chiamata PTSD (Disturbo da Stress Post Traumatico) queste condizioni conducono all’evitamento di situazioni e luoghi, limitando di molto la vita della persona che ha subito il trauma psicologico.

Dal punto di vista terapeutico e riabilitativo, la differenza più importante tra un ricordo normale e un ricordo legato a un trauma psicologico consiste nel fatto che un ricordo normale non possiede più l’intensissima carica emotiva che, invece, il trauma psicologico porta sempre con sé.
Quando un trauma psicologico viene elaborato (scopo di ogni intervento di psicotraumatologia) non solo i frammenti del ricordo tornano accessibili e si uniscono nel formare una narrativa dotata di senso, ma la carica emotiva di quel ricordo si stempera. Ossia noi possiamo sia ricordare l’intero evento che ha causato in noi il trauma psicologico, sia ripercorrerne tutte le fasi senza subirlo emotivamente come se stesse accadendo nel momento in cui lo ricordiamo.
Possiamo ricordare, per esempio, quella volta che c’è stato l’incendio e che abbiamo temuto di bruciare vivi, e sappiamo perfettamente che l’esperienza, al momento, è stata terribile. Ma, avendo elaborato il trauma psicologico, abbiamo anche accettato nel profondo di noi stessi (là dove non valgono le ovvie leggi della razionalità) che si tratta di una esperienza passata, che siamo sopravvissuti e che “quel” pericolo, oggi, non esiste più.

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